dal taijiquan alla danza

per danzatori,  attori, curiosi del movimento

Conduttrice Cinzia Severino

L’ utilizzo dei principi del Taijiquan e, in generale, dagli stili “interni” della arti marziali cinesi attiva il movimento attraverso un impulso che dal nostro interno si proietta all’esterno senza dimenticarne le antiche origini marziali.Attraverso il radicamento a terra, la concentrazione sul centro del corpo, l’uso funzionale della respirazione, lo studio del pieno e del vuoto, si ricerca il movimento più efficace, con il minimo sforzo necessario.

Proprio l’aspetto marziale del taijiquan impone di non vedere mai lo spazio e il tempo come entità astratte.
Lo spazio è sempre pieno di avversari, virtualmente se si lavora soli e praticamente se si lavora in coppia.
Fondamentale è riuscire ad adattare la propria azione a ciò che ci circonda, si diventa più sensibili alle variazioni più sottili delle persone che ci stanno di fronte e delle situazioni dove si interviene.
Il tempo è sentito come un “respiro” che, lento o veloce che sia, deve, sempre dall’interno all’esterno, dare il ritmo all’azione, utilizzando al meglio i concetti di pieno e di vuoto.
A seconda del tipo di azione effettuata questo respiro si fa suono, sempre più deciso, respiro e suono che, nella pratica, da quella da soli a quella a coppie a quella di gruppo, pervadono lo spazio.

Lo scopo è raggiungere un movimento preciso, senza sbavature, efficace, ma senza tensioni, forte, senza essere rigido, leggero senza essere molle.

Questi momenti fondamentali nella pratica del taijiquan sono applicabili immediatamente ad ogni arte e in particolare a quelle che fanno del corpo il proprio protagonista. Si ricerca una consistenza nel movimento che non cade nella monotonia e modifica in qualche modo lo spazio intorno in una ritmica sempre personalizzata.

Per un danzatore o anche un attore, capire pieno e vuoto nel proprio movimento vuol dire muoversi con sicurezza nello spazio; agire in uno spazio “pieno” gli permette di essere più incisivo nei movimenti, come se questi si svolgessero una relazione sempre a qualcosa o a qualcuno; in movimenti che prevedono il lavoro con un partner tutto questo gli dà strumenti per avere sempre l’energia giusta nel contatto, sia questo fisico o dialettico. Ma soprattutto in un’ottica di costruzione coreografica più ampia, ed anche dovendo dirigere più danzatori o più attori, “pieno – vuoto”, azione – pausa, parola – silenzio, “respiro – tempo”, danno al conduttore una chiara metodologia dell’uso dello spazio e delle relazioni intercorrenti fra i partecipanti, e soprattutto riescono a mostrare meglio i possibili errori nel lavoro sul singolo o sulla costruzione in generale.

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